HomeLettureAddio Armando Lupini, vignettista eretico ed eterno Peter Pan

Addio Armando Lupini, vignettista eretico ed eterno Peter Pan

Di uomini liberi ce ne sono già pochi, poi quando “all’intrasatta” il destino ne rapisce qualcuno, hai solo voglia di rifugiarti in un silenzio di dolore e rabbia. Nel giorno dell’equinozio d’autunno, in un pomeriggio di sole pieno, vengo a sapere del passaggio ad altra vita di Armando Lupini, “eretico al servizio di Sua Maestà la Matita”, come amava definirsi. Controcorrente, tenace, sganciato da qualsiasi compromesso creativo, fortemente partenopeo, meravigliosamente elettrico nelle sue prese di posizione, Armando faceva vignette, anzi costruiva editoriali illustrati, corsivi d’immagini, calembour grafici con una sconsiderata e brillante libertà. Cresciuto a “pane e Topolino”, da subito alla ricerca di un suo tratto distintivo, vince il suo primo concorso al Comicon, realizzando un centurione che si carica il Colosseo sulla testa.

Il lavoro di commercialista lo allontana dalla passione per l’arte del disegno irriverente, ma con l’avvento dei social ritorna in pista con vignette in cui subito è riconoscibile la sua “cifra”, la sua originale diversità stilistica. La galleria dei suoi personaggi schiera antieroi con testoni deformati e dentoni in bocche distorte, con occhi stralunati e fissi sul pubblico, che rappresentano situazioni politiche e sociali con la giusta dose di cattiveria e una parodiante vena critica. Quella di Armando è stata una vita di generosità creativa: libri autoprodotti come il breviario illustrato dal titolo “Perché noi, già siamo distruttamente moralmente”, libri collettivi come “Legalmente”, “Disabill Kill” e “BohVax – la satira ai tempi della pandemia”, tante collaborazioni con blog satirici come “Acidus”, giornali e riviste tra cui “Chiaia Magazine”, firmando alcune tra le copertine più memorabili e curando le pagine politicamente scorrette “Antivirus”. E poi il suo impegno come insegnante volontario di disegno nell’Istituto Penale Minorile di Nisida, dove con la forza fragile di una matita tratteggiava ai ragazzi la linea difficile dell’autonomia di pensiero.

Con lui s’aprivano conflitti di vedute, quasi impossibili da risolvere, ma che iniettavano energia a chi crede in una vita di gioia, di lotta e di scrigni aperti

Ogni volta che veniva in redazione a via dei Mille per un caffè di confronto, non si presentava mai senza un gruzzolo di idee e qualche sua creazione. Conoscendo la mia ossessione per l’arte presepiale, mi donò qualche Natale fa una piccola campana che proteggeva un “presepino antisismico e antijella by Lupini”, così mi disse, accennando un sorriso compiaciuto. Fermò in un quadretto, che gelosamente conservo in libreria, la mia capigliatura senza padroni. Con lui s’aprivano conflitti di vedute, quasi impossibili da risolvere, ma che iniettavano energia a chi crede in una vita di gioia, di lotta e di scrigni aperti. Con la determinazione dei giusti, toccato dal dono della battuta e della caricatura, longanesiano nell’anima con Walt Disney come nume tutelare, ha continuato a disegnare in una solitudine artistica dovuta a quell’innata tendenza di rifiutare qualsiasi catena politica o colore limitante. Se proprio doveva indossare una maglietta con messaggio incorporato, preferiva scegliere le sue, in cui a parlare erano i suoi personaggi dallo sguardo sbilenco che menavano leccaculi e perbenisti, inchiodavano consorterie d’ipocriti.

In quella facoltà a numero chiuso che è l’ironia, ahimè sempre più bistrattata e umiliata, è stato tra i pochi a esercitare con estrema leggerezza il doppio ruolo d’implacabile docente di Stile libero e d’inafferrabile studente fuori corso. Chi lo ha conosciuto, lo ha amato e ha condiviso con lui tavoli di lavoro, deschi spensierati e sfide necessarie, sa bene che Armando Lupini, all’improvviso entrato in un disegno senza senso, non invecchiava, ma aggiungeva magnificamente anni, sogni e avventure al suo essere Peter Pan.

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