HomeJuarySan Valentino, lettera al Pirata

San Valentino, lettera al Pirata

Te ne ho scritte di lettere, adorabile Pirata, quando ti fulminarono nel 1999 in una mattina balorda a Madonna di Campiglio, uccidendoti già allora, a Giro d’Italia stravinto, con la violenza dei mediocri in un mistero mai sciolto. A vent’anni dal tuo passaggio su altre montagne, dove spero ci siano case calde, piadine luminose e amori veri, ti scrivo ancora e più forte perché il San Valentino del 2004 non lo dimentico. In una trattoria, oggi “convertita” in sushi bar, seppi del tuo viaggio estremo nel ciacolare degli innamorati, biglietto di sola andata per l’ignoto preso in un albergo riminese di rose recise, in una stanza di sangue e solitudine. Il campione senza più nessuno accanto, osannato in rosa e in giallo, finiva la sua corsa nel nero come un reietto, un angelo con un diavolo custode. Non mi era mai capitato di soffrire così per uno che conoscevo solo dalla tv, dai racconti dei giornali, dalle voci dei telecronisti, una su tutte quella di Adriano De Zan con il suo insuperato “Scatta Pantani!”.

Nella galleria dei miei eroi stai insieme a Goldrake e Jeeg Robot, a Paolo Rossi e all’urlo di Marco Tardelli, a Juary e alla sua danza intorno alla bandierina a ogni gol con l’Avellino in una Serie A che non tornerà più, a mio nonno che si stese sui binari per difendere i diritti dei ferrovieri, alla fuga di Edmond Dantès, a Mishima, a Cristina Campo, alle mille mani di Kenshiro, al finale turbo a Helsinki di Alberto Cova, al sorriso senza padroni di Paul Newman in Nick Mano fredda, a Fabrizio Quattrocchi che muore da italiano, a Ezra Pound nella gabbia della vergogna, a Mastroianni nella fontana di Trevi, a Troisi che si congeda dal mondo in bici; sei nelle mie favole, nel dream team che mi spalanca la vita ogni volta che faccio fatica ad alzarmi, a recuperare l’inventario dei sogni. Vent’anni sono passati, tante vite fa, di già. Non ho più le gambe di una volta, accudisco un canile di rimorsi, la schiena fa più male come il tempo che marcia, credo ancora nella via della visione, curo l’insidia del disincanto con l’energia delle emozioni e tra queste resti meravigliosamente in cima.  

Vent’anni sono passati, di già. Sei nel dream team che mi spalanca la vita

Mi basta pescare nella memoria la rasoiata nella pioggia del Galibier o lo scalpo dell’Alpe du Huez, la folle discesa in posizione proiettile nella tappa di Merano o la scalata del mostruoso Mortirolo e mi riprendo il desiderio di farcela, di pietrificare i nemici come facevi tu quando salivi su monti che toglierebbero speranza alle aquile, indossando sandali alati simili a quelli di Perseo. Mi basta rileggere Gianni Mura, finito chissà ora in quale redazione o osteria, il migliore nel raccontare la tua luce e la tua oscurità, definendoti “Pantadattilo” perché arrivavi da un altro mondo, un fossile intriso di mito, destinato alla leggenda e alla tragicità. Mi basta saperti con me quando allineo immagini di repertorio o ascolto le tante canzoni che ti hanno dedicato, la più bella di tutte quella di Claudio Lolli, chissà ora salito in quale treno di bardi, che musicò una poesia di Gianni D’Elia in Le rose di Pantani: «Marco vola sulla bici leggera / l’ultima tappa è quella anche più vera / Tu te ne vai dal falso di quest’era…».

Ti scriverò ancora nelle notti che mi sento solo al comando e nelle mattine che non comando un bel niente. Parlerò di te a chi sta crescendo in quest’era d’imprese e intelligenze artificiali, racconterò il tuo sudore, le tue agonie, il tuo alleggerirti ogni volta che la via grattava il cielo, le tue cadute, il tuo bazzicare l’impossibile, quella tua pazzesca voglia di scompaginare il governo degli inetti, di ridisegnare i crinali delle montagne, di far saltare i sismografi del cuore. Immenso resterà il tuo sogno immacolato di scalatore: staccarsi dall’ombra appena la strada alza la lingua; riprendere l’ombra all’arrivo quando, spaurita e sola come una mantellina, cerca tra la folla il suo eroe che l’ha lasciata, prima della salita, per non farla più soffrire. Grazie, grazie Pirata per i tesori che mi hai lasciato.

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