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L’Italia dove ancora si posano i sogni

Questo è un articolo patriottico, sconsigliato ai chierici dell’equilibrio, ai maniaci del bilancino. Dio stramaledica gli inglesi, i severgnini e chi in questi giorni ci ha ammorbato con il loro fair play. Visti i tempi e gli acciacchi del Papa, ai piani alti hanno altro a cui pensare, però il Padreterno un “vergognatevi” lo avrà speso vedendo Kane e soci levarsi la medaglia in segno di non accettazione del verdetto. Prima di vincere servirebbero corsi intensivi di saper perdere. Un “vergognatevi” lo avrà lasciato nei cieli anche quando Wembley è stata pronta a fischiare il nostro inno, come lo lasciò senz’altro quando nel ’90, nella finale dei mondiali a Roma, Maradona fu sommerso dai fischi dell’Italia più becera e subumana. Per chi mastica un po’ di mito greco sa che gli dei non si fischiano mai. E oggi che proviamo a ripartire, a recuperare l’abbraccio a riprenderci le agorà e a sognare dal vivo, le divinità del pallone sono azzurre. Guai a insultarle, a provocarne la fame.

Dio stramaledica quegli inglesi che hanno aspettato fuori lo stadio gli italiani “pastasciutta” per picchiarli perché colpevoli di aver vinto, di aver tolto la coppa alla regina, al principe, al principino, alle principesse e a tutta la razza brexit che si è ritrovata, seppur fuori dall’Europa, a giocarsi l’Europeo praticamente tutto in casa. E che Dio stramaledica non solo gli inglesi, ma anche i troppi italiani “del se e del ma”, che in ogni evento cercano il complotto o la miccia per far esplodere il nulla, la divisione. Questa razza geneticamente antitaliana, gufante e sprovvista di stelle, dissacrante per convenienza e rivoluzionaria per contratto, gode nel vedere le notti magiche diventare tragiche. Mai come in questa vittoria dei ragazzi di Mancini c’è la grandezza di un’Italia che esiste e resiste in un Paese dove abbondano mezzeseghe e miracolati. È l’Italia della visione – parola in circolo da giorni nei media ogni volta che si parla di questa Nazionale – nata dall’idea di un mister che, come i numeri 10 di un tempo, ha visto spazi dove altri scorgevano muri, ha aperto varchi in territori abitati dal buio e dalla rassegnazione, ha ricostruito un sentimento di patria calcistica che in troppi consideravano sepolto e compromesso.

Il capolavoro sportivo e politico del Mancio è aver dimostrato e confermato che la costruzione di un progetto, al di là della vittoria e della sconfitta, si basa sulla follia e sul lavoro, sul rischio e sulla fantasia, sul dolore e sull’attesa, sull’intuito e sulla selezione, sul coraggio e sulla memoria, sulla consapevolezza e sull’addestramento. Visione, visione di gioco, preparazione, campo, responsabilità, scelte, verità. La dea fortuna non va mai tralasciata, ma arriva, se arriva, quando si è pronti, quando il telaio dell’impresa è solido, quando si è dentro l’ultimo centimetro con il battito dei giusti. Non si ricostruisce un paese sul pallone né sui calci di rigore, eppure la vittoria di Wembley, avvenuta in un paese straniero e in un clima inutilmente ostile, è una formidabile pagina di storia italiana, soprattutto dopo la sciagura Covid, da sbattere in faccia a chi ancora per pregiudizio, incauta superficialità e cretineria cristallizzata smonta e disabilita l’Italia guerriera, visionaria, predisposta alla sorpresa, imprevedibile, fantastica.

E allora che Dio stramaledica l’Italia che da tempo ha rinunciato a giocarsela, ferma in panchina col reddito di cittadinanza, mantenuta e clientelare, assassina di sogni, maldestramente furba, piagnona e ladra, l’Italia dei burocrati dei calci d’angolo, degli aedi di gol preconfezionati, dei leader che fingono di tirare in porta, dei portieri che si scansano, dei mediani che si risparmiano, degli attaccanti del retropassaggio. La visione del Mancio è la visione dell’Italia arrembante, di quella che ammutolisce un tempio col dominio delle idee e del gruppo, di quella che immagina partite ardite in casa e fuori casa, di quella che riprende la filosofia di Sacchi innestandoci però più gioia e libertà, di quella che prova ad andare oltre, a osare nuovi ragionamenti, mai dimenticando l’italianità e l’antologia dei ricordi e dei gesti che temprano il cuore come l’intuito geniale dell’immenso Pablito, l’urlo iconico di Tardelli, la gentilezza di Scirea, il sogno rotto di Schillaci, le pennellate di Baggio, i recuperi di Baresi, il cucchiaio di Totti, i sentieri tracciati da Pirlo, gli occhi di Grosso. L’Italia di Mancio è quella che prende gol in finale dopo due minuti in un’arena nemica e non trema, non cede il passo, non teme la morte, non smarrisce lucidità.

Che Dio stramaledica tutto quello che è contro quest’Italia nostra. A fine gara, dopo la parata decisiva di Gigione Donnarumma, nel tripudio liberatorio, quest’Italia patriottica e danzante ha consegnato l’immagine dell’anno: Mancini che abbraccia Vialli in un pianto epico. Chi sa di calcio e di vita non può scordarsi che proprio a Wembley, 29 anni fa, i gemelli del gol persero con la Sampdoria la Coppa dei Campioni contro il Barcellona con una fucilata di Koeman. Chi sa di vita, e può anche non saperne di calcio, sa quanto Vialli sia prezioso per questo gruppo e quanto sia esempio di lotta per chi ha combattuto e combatte contro una iena sotto il mantello. In quell’abbraccio, mentre gli azzurri increduli chiamavano mogli e madri e rapivano la coppa per scatti storici, c’è tutta l’Italia risorgente che è lì lì per crepare ma è così bella e appassionata da giocarsela ancora, da prolungare la favola, da stringersi a coorte. Da rialzarsi con furore e grazia. Quell’abbraccio così italiano e universale ha lasciato il terreno di gioco aprendo ben altri campi di vita, altre sofferenze, altre vittorie. Visione, rischio, addestramento, immaginazione, verità. Che Dio benedica l’Italia nostra, l’Italia vera, l’Italia del Mancio, l’Italia del Tuca Tuca dove ogni cosa è possibile, dove ancora si posano i sogni.

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Antonio biancospino
2 anni fa

E sempre un piacere leggerti! Ti fa il verso Francesco Merlo. Vaytelo a leggere. Anche lui uno spasso sugli intelligentoni della sinistra cospirazionista

Vanna Mò
2 anni fa

Mi sono emozionata. Che Dio benedica te e i sogni.

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