HomeUn giro di bardoLevare la casa a una tartaruga

Levare la casa a una tartaruga

Non placandosi la fame di comando, ordinarono un’altra strage di sogni e l’apertura di una mostra istituzionale di arazzi fatti con le ali di merli. Nessun appagamento portò la realizzazione del protocollo per ospedalizzare il pensiero. Un cenno di compiacimento lo mostrarono per la chiusura definitiva dei giornali di carta e l’arresto delle metafore. Non bastò. Nel battito di una notte, infiocchettata per bene con il riflesso di una luna asintomatica, trovarono l’accordo per un altro esperimento, suggerito dal “Manuale delle sevizie alla libertà” che in quel tempo dettava parole e omissioni. «Levare la casa a una tartaruga» era scritto all’inizio del capitolo dedicato alla cancellazione dell’identità. Che venissero dall’abbraccio del mare, dagli acquari con vegetazione artificiale o dalle roventi mattonelle dei giardini, non importava: le tartarughe, piccole o grandi, di qualsiasi età o estrazione sociale, divennero fuorilegge. Nei giorni del sequestro si opposero al potere con la lentezza dei giusti e l’immobile tenacia d’indecifrabili cupole. Toccato il fondo, i seviziatori non si resero conto che alcune di quelle case a corazza reggevano i pilastri del cielo e le colonne del sacro. Quando venne giù il firmamento, il regime fu atterrato dalle pietre luminose degli dèi. Tra le macerie astrali si rividero uomini liberi.

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