Fu mandato nel bosco a ricostruire la linea delle lucciole. Chi lo scelse non guardò stelle e stelloni del curriculum né chiese l’elenco dei trofei e l’agenda dei contatti, ma volle soltanto sapere quanto tempo dedicasse agli altri e alla ricerca. Chi lo volle nel buio dei faggi per ritrovare quel tratto svanito, sapeva fin troppo bene che un compito di luce non è realizzabile da chi illumina se stesso o da chi ruba energia al prossimo. Fu così che un bardo senza volto s’immerse nello scuro, camminando tra nidi biondi di ginestre, in equilibrio su rocce lunari.
La ragione però gli consegnò il verdetto dopo troppe notti a vuoto: non v’era passaggio di lucciole e nessuna possibilità che ritornassero come nelle estati di una volta. Fino a quando l’immaginazione gli aprì una via. Giocando con i riflessi di una luna superba, disseminò su un arco naturale, dove i rami erano più radi, le schegge di uno specchio rotto per disperazione.
Se ora dalla piazza del paese, mentre la festa del patrono apre un buco di gioia e le luminarie incendiano il campanile, alcuni ragazzi indicano un cantuccio del bosco per uno strano luccichio mai visto prima, è perché un poeta ha preso tempo con un artificio. Un tempo artefatto, seducente per un piccolo pubblico, che ha costretto persino una lucciola e poi un’altra ancora a uscire allo scoperto per capire chi avesse disatteso le regole del ritiro.