HomeUn giro di bardoCol gessetto che aveva

Col gessetto che aveva

Nel taglio di una primavera sbigottita, si ritrovò in un’aula offuscata, ferito persino nei sogni. Dalle finestre un giardino segreto di mandorli guerrieri e un’altalena viva nel tepore bianco delle siepi. Tra i banchi non era solo: sparsi in un’ora silente, dipinta di grigio brillante, c’erano altri alunni attenti, in divise blu, a sorvegliare la lavagna del tempo. Su un quaderno smeraldo dai fogli limpidi segnò le parole di una voce fuori campo, distante come il suono del ruscello in un dirupo: «Sta a voi scegliere i gessetti giusti, i colori della svolta o della perdizione. Non ci sono regole definite: spesso vi capiterà di dover giocare la partita con quelli che vi saranno dati o che recupererete, nell’odore dell’incertezza, prima d’ogni interrogazione. I voti dipenderanno esclusivamente dalla tenacia che mostrerete nel resistere alle domande del giorno. Qui non si promuove e non si boccia: qui si vive o si sopravvive». Col gessetto che aveva, chiuso il quaderno, l’alunno del tempo s’avviò alla lavagna, attraversando i banchi disinvolto come un eroe all’assalto decisivo, con gli occhi fissi ai mandorli e la voglia di giocarsela.

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Pinarosa Cerasuolo
4 anni fa

Max, potresti riempire lavagne intere senza perdere un colpo.
Continua all’infinito perché le tue parole sono musica che non può fermarsi.
Ai miei alunni davo gessetti colorati.

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